venerdì 12 ottobre 2012

Antep, quattro chiacchiere col padrone di casa.


Interrompo momentaneamente i racconti di viaggio per raccontare le impressioni raccolte in questi giorni qui a Gaziantep, città a pochi km dal confine siriano e pochi passi dal kurdistan turco.
Da pochi giorni le relazioni con Damasco si fanno sempre più tese, internet pullula di articoli continuamente aggiornati sulla situazione medio orientale, i cittadini di Istanbul e Ankara hanno iniziato a manifestare contro l'inizio di un possibile conflitto, e da oggi in cielo iniziano a sorvolare la città elicotteri militari diretti a sud ovest.
In risposta, Antep, città universitaria con più di un milione di abitanti, continua a dormire.
Il movimento giovanile è pari a 0, così come movimenti studenteschi, politici, artistici o sociali; da un mese continuo a chiedere di essi, ma la risposta comune è: ''non ad Antep, Istanbul!'' e se chiedo perchè non qui? mi rivelano l'esistenza di una misteriosa ''lista nera'' in cui, se si viene inseriti, diventa impossibile trovare lavoro e in un certo senso, anche vivere.
Al simbolo dell'anarchia disegnata come esempio tra i tanti, mi si racconta entusiasta della tifoseria del Beşiktaş (squadra di calcio di Istanbul), di nome Çarşı, che usa nel suo logo la famosa A cerchiata come sostituta della normale a all'interno del suo nome.
lo scoraggiamento mi assale, la città è più inerte di quel che potevo immaginare.

Tra gli argomenti che ultimamente sottopongo quasi con insistenza ai ragazzi, c'è la questione curda.
anche qui la risposta è monocorda e categorica: i curdi non mi piacciono!
Qualcuno ammette, quasi mal volentieri che possono esserci anche curdi buoni, ma che in maggioranza sono ''cattivi'' girano con la pistola alla cintola, con il coltello e fanno a botte spesso.
il Kurdistan non esiste, non è mai esistito e mai dovrà esistere.
Dimenticavo ovviamente, (mi dicono) molti sono terroristi, anche se stranamente il PKK non viene nominato spesso, nonostante un paio di mesi fa, un auto bomba esplose proprio qui in città facendo una decina di vittime.
Impossibile argomentare, le risposte sono nette, come frutto di una massiccia propaganda. Frasi uguali per ogni persona, alla parola curdo, si fanno seri e si offuscano in volto. inutile insistere.

La città si presenta moderna, la corsa all'occidentalizzazione è palpabile ma solo superficialmente, solo i palazzi e le insegne luminose, solo il rossetto o le nike, ma quando questa gente si sveglierà?
quando avrà il coraggio di parlare, manifestare? e quando, soprattutto, si fermerà a pensare?

giovedì 4 ottobre 2012

Urfa e il benvenuto in Turchia.


Un'altra settimana è passata senza avere il tempo per vedere Gaziantep.
Tra traslochi e nuove sistemazioni ci ritroviamo a dover decidere all'ultimo minuto una meta per il week end. Stavolta ci spostiamo ad est, meta: Urfa e Harran, solito autostop, soliti tè offerti da sconosciuti particolarmente ospitali e cordiali, con cui è piacevole fare una pausa nel caldo sole del mezzogiorno.
Arriviamo ad Urfa nel primo pomeriggio, un po' di distanti dal centro.
La città apparentemente si presenta come tutte le altre che ho visitato, ''moderna'' e caotica, anche se la gente che si incrocia è molto varia, donne con il burqa, arabi, siriani e turchi.
Chiediamo informazioni per il centro (tutto dritto per un km circa), ma più ci si avvicina più cambia il pesaggio, i palazzi iniziano ad invecchiare, in qualche vicolo si intravedono rovine di quelli che un tempo dovrebbero esser stati ricchi palazzi, l'architettura diventa interessante, alcune strutture sono anche in buono stato, passiamo per il bazar, il sole picchia forte e gli alti mucchi di spezie emanano un leggero profumo, coperto nella maggior parte dei casi dall'odore della carne dei kebab. piccole botteghe piene di cibo o di oggettini di latta, decorati per attirare i turisti riempiono questi stretti vicoli affollati, raramente si può vedere anche qualcuno che incide a mano il metallo. L'aria che si respira è diversa dagli altri posti che ho visto, sarà il caldo e la stanchezza, o l'esser circondato (finalmente) da edifici storici, le persone, diverse tra loro non ancora particolarmente attratte dall'occidentalizzazione, ma finalmente sento di essere in turchia.
Siamo entrati in una zona molto curata, un giardino sacro, portici colonnati, una grande moschea e tantissime altre zone di culto. Şanliurfa la città in cui nacque Abramo, ex Edessa, una città che ha fatto la storia.
Un fiumiciattolo pieno di pesci, rinchiuso in canali che attraversano tutta questa zona, aree verdi in cui ci sediamo per pranzare, insieme ad altre famiglie sparpagliate sul prato all'ombra delle palme o di grandi alberi di cui è ricco il posto.
Nonostante la confusione (è domenica) continua a persistere il fascino di questa zona, l'immagine classica del medio oriente.
Mi perdo mentalmente nel percorrere il quadriportico della moschea, pochissima gente passa, il sole è alto nel cielo e le colonne proiettano ombre violente e camminarci quasi in solitudine proietta me in uno stato di tranquillità e pace.
respiro i resti della storia e ne sono felice.